Gli incontri di ISP REVIEW in giro per l’Italia, oltre a farmi crescere e darmi la possibilità di confronto con colleghi e pubblico, mi ha dato la possibilità di confermare la mia idea di confusione che c’è intorno alle leggi che regolano la fotografia italiana.

Ho già scritto un articolo sull’argomento, dove citavo tutte le leggi che regolano la fotografia italiana (non solo da un punto di vista professionale) ma ancora oggi leggo molto spesso in giro “tutela della privacy”.

Facciamo chiarezza sulla questione. Per quanto sia impossibile e per quanto si debba abbattere questo muro di diffidenza nei confronti dell’immagine e della fotografia. Un muro che sfortunatamente è presente solo in Italia, perché tutta questa annosa questione in altri paesi non esiste.

La legge sulla Privacy, estesa con il Decreto Legislativo n. 196 del 2003 regola precisamente in trattamento dei dati sensibili personali, oltre a regolare chi li detiene ed il loto utilizzo.

All’interno dei testi integrali, come si può costatare, non esiste nessun riferimento alla fotografia, alla pubblicazione di fotografie, all’utilizzo delle immagini di qualsiasi genere e forma.

L’unico riferimento che si può trovare è da ritrovare all’interno dell’ALLEGATO A1 del Decreto Legislativo, cioè il Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio delle attività giornalistiche, precisamente l’Art. 8, che per facilità di lettura riporto integralmente:

Art. 8. Tutela della dignità delle persone
1.
Salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, nè si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine.
2. Salvo rilevanti motivi di interesse pubblico o comprovati fini di giustizia e di polizia, il giornalista non riprende nè produce immagini e foto di persone in stato di detenzione senza il consenso dell’interessato.
3. Le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi.

Abbastanza evidente che non c’è nessun riferimento alla non pubblicabilità delle immagini (a volte riferita anche alla impossibilità ripresa), ma a seguito di una serie di scambi tra il Garante della Privacy e l’Ordine dei Giornalisti, si è arrivato ad un chiarimento con la stesura di un documento da parte del Garante della Privacy che definisce alcuni importanti punti legati principalmente all’attività professionale di giornalista, ma anche da estendere al settore amatoriale.

Nello specifico, nel punto DIFFUSIONE DI FOTOGRAFIE viene ben reso che non esiste una inpubblicabilità delle immagini sia di minori che di soggetti ripresi in luoghi pubblici.

Così come non è fatto obbligo del consenso in tutte le circostanze, se non nei casi di lesione visiva dell’immagine del soggetto ripreso e/o in caso di scopo di lucro. Nel caso giornalistico, si rientra sempre in questa seconda casistica, perché è abbastanza naturale che un giornalista (o fotogiornalista) realizza e pubblica quelle immagini per poterci ricavare compensi.

IMMAGINI DI MINORI
Le disposizioni che tutelano la riservatezza dei minori si fondano sul presupposto che la pubblicità dei loro fatti di vita possa arrecare danno alla loro personalità. Questo rischio può non sussistere quando il servizio giornalistico dà positivo risalto a qualità del minore e/o al contesto familiare in cui si sta formando. Pertanto può ritenersi lecita, ad esempio, salvo casi assai particolari, la diffusione di immagini che ritraggono un minore in momenti di svago e di gioco. Resta comunque fermo l’obbligo per il giornalista di acquisire l’immagine stessa correttamente, senza inganno e in un quadro di trasparenza, nonché di valutare, volta per volta, eventuali richieste di opposizione da parte del minore o dei suoi familiari.

Tali principi trovano naturalmente applicazione anche con riferimento alle immagini che ritraggono personaggi noti insieme ai loro figli, ad esempio nel contesto di un servizio che voglia testimoniare il rapporto positivo tra gli stessi.

Anche in tale ambito è comunque affidata al giornalista una prima valutazione in ordine al rischio che tale spettacolarizzazione possa incidere negativamente sul minore e sulla sua famiglia. Si dovrà in ogni caso evitare che la diffusione di tale tipo di dati assuma carattere sistematico: è infatti evidente la differenza che esiste fra la raccolta occasionale dell’immagine delle persone che in un dato momento si trovano in un luogo pubblico ed invece la ripresa sistematica di tale situazione.

Analoghe considerazioni in ordine alla liceità della diffusione possono essere formulate con riferimento alle immagini di neonati. Esse infatti si caratterizzano per avere una più ridotta valenza identificativa.

FOTOGRAFIE RELATIVE A SOGGETTI RIPRESI IN LUOGHI PUBBLICI
Di regola, le immagini che ritraggono persone in luoghi pubblici possono essere pubblicate, anche senza il consenso dell’interessato, purché non siano lesive della dignità e del decoro della persona. Come il Garante ha precisato nelle sue pronunce, il fotografo è comunque tenuto a rendere palese la propria identità e attività di fotografo e ad astenersi dal ricorrere ad artifici e pressioni indebite per perseguire i propri scopi.

Anche qui il giornalista deve comunque compiere una valutazione caso per caso, dovendo egli tenere presente il contesto del servizio giornalistico e l’oggetto della notizia.

Ad esempio, la pubblicazione dell’immagine di una signora anziana, chiaramente identificabile, ripresa al mercato con la spesa, può ritenersi non pertinente rispetto ad un articolo sulla solitudine degli anziani, oltre che lesiva della dignità dell’interessata. Diverso il giudizio potrebbe essere se la stessa foto fosse posta, per esempio, a corredo di un articolo sulla longevità.

Inoltre, nel documentare con fotografie fatti di cronaca che avvengono in luoghi pubblici, il giornalista e/o il fotografo sono chiamati a valutare anche quale tipo di inquadratura scegliere, astenendosi dal focalizzare l’immagine su singole persone o dettagli personali se la diffusione di tali dati risulta non pertinente e eccedente rispetto alle finalità dell’articolo.

OVVIAMENTE QUESTI RIFERIMENTI FANNO ANCHE CAPO A QUELLE CHE SONO LE CONDIZIONI OTTIMALI E LEGALI PER CHI PRATICA STREET PHOTOGRAPHY.

C’è in oltre una pubblicazione emessa dal Garante per la protezione dei dati personali, con un titolo che lascia poco spazio all’immaginazione:
PRIVACY E GIORNALISMO – Libertà d’informazione e dignità della persona

È del 2012, quindi abbastanza attuale ed attuabile.

Cerchiamo di abituarci e far abituare le persole a questo concetto. Probabilemente renderà più serena la nostra voglia di raccontare.

2 risposte a “FOTOGRAFIA E PRIVACY”

  1. […] nulla a che vedere con la privacy e viceversa. Per chiarire ulteriormente questo concetto rimando all’articolo redatto apposta dove si allontana la privacy dalla fotografia, in maniera (ad oggi) […]

  2. […] la Legge sulla Privacy non ha nulla a che vedere, in quanto tratta la tutela dei dati sensibili. In questo articolo se ne parla molto più […]

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